Digital Workplace o Social Intranet?

Prima di arrivare a concepire modelli di Digital Workplace, a partire dal 2000 la Digital Trasformation delle Aziende si è spesso tradotta in progetti di ridisegno dell’Intranet secondo paradigmi sempre più Social, grazie anche all’offerta di piattaforme messe a disposizione dai diversi Vendor.

La corsa per la Social Intranet…

La ricerca di maggior efficienza, facilità di accesso alle informazioni, velocità nei processi di decisione sono tra i principali vantaggi ricercati attraverso una Social Intranet.

Ed effettivamente la Social Intranet consente di rispondere ad esigenze i comunicazione, collaborazione, accesso ad applicazioni enterprise. I progetti avviati hanno seguito metodi ben strutturati in fasi successive, ciascuna con precisi deliverables raggiungibili attraverso il coinvolgimento e ascolto delle persone che poi avrebbero avuto accesso alla nuova intranet, che sono state supportate da opportune azioni formative nell’uso di queste nuove piattaforme.

Oggi la Social Intranet è quindi l’evoluzione di un’infrastruttura che da sempre ha il principale scopo di fornire servizi ai dipendenti, oggi caratterizzati da un alto grado di collaborazione e partecipazione. Da strumento di comunicazione, è passata a supportare attività individuali e poi di groupware, per arrivare a introdurre funzioni collaborative e diventare, appunto, Social.

Qualche volta, a dire il vero, evoluzione verso la Social Intranet come luogo che abilitasse sia processi che dinamiche relazionali ha incontrato qualche ostacolo. Dalla banale mancanza del SingleSignOn, alla più complicata pressione da parte di alcuni attori verso una politica Social ma non troppo.

Per questo, le Social Intranet replicano spesso strutture organizzative influenzate da  ambiti di responsabilità di tipo Funzionale più che collaborativo. In questi casi, infatti, Social Intranet resta un’infrastruttura che tende a replicare modelli organizzativi tradizionali.

… e lo scatto verso il Digital Workplace

Il Digital Workplace, invece, non è semplicemente un’evoluzione della Social Intranet attraverso il “potenziamento” delle sue funzioni e l’apertura dei confini organizzativi tra dentro e fuori coinvolgendo fornitori e clienti su processi organizzativi.

Dal 2009 in poi il termine Digital Workplace è stato accompagnato da diverse definizioni (vedi http://bit.ly/1QFoXbb). Ciascuna di queste ha posto l’accento sulla tecnologia, oppure sullo scopo che assolve, o ancora sulla sua relazione con la struttura organizzativa.

Dapprima è stato identificato come l’insieme dei tool digitali che l’Azienda fornisce ai dipendenti per svolgere il proprio lavoro, mettendo il focus sullo scopo per il quale vengono utilizzati i software aziendali.

Un’altra definizione si focalizza sugli impatti che i device digitali utilizzati dalla persona possono generare, “liberando il proprio lavoro” per parafrasare il libro di Paul Miller del 2010. In altre parole, con il Digital Workplace si può fare di più!

Jane McConnell, forse la consulente più accreditata su questo tema, adotta una prospettiva organizzativa, definendolo come l’intersezione tra persone, organizzazione e tecnologia. Questi tre sono i fattori che riconosciamo in ogni organizzazione, ma che oggi attraverso le tecnologie digitali possono essere coniugati in modo sinergico per il raggiungimento di un unico “purpose”, ossia il risultato del sistema.

Gartner propone, invece, lo concepisce come un ecosistema, espressione molto frequente quando si parla di Digital o Social Organization o di nuovi modelli di business (API economy, sharing economy… ma questa è un’altra storia). E’ forte l’eco della consumerizzazione dell’IT, dove piattaforme, software e App sono molto simili a quelle che utilizziamo in ambito privato. La curva di apprendimento per l’uso è molto bassa, tuttavia non è scontata la ricaduta di efficacia nelle attività.

Più recenti sono gli approcci che mettono al centro l’experience dell’utente, concentrandosi sull’esperienza d’uso delle tecnologia, anche dal punto di vista emotivo. Analogamente all’impatto dei nuovi uffici “Google Style”, il Digital Workplace può avere un impatto sull’engagement e sull’onboarding dei dipendenti.

It’s only about “Work”, baby…

Se il Digitale, a detta di tutti, è fattore imprescindibile per la competitività delle Aziende, quando serve a ridisegnare il posto di lavoro a mio parere è importante non perdere di vista il “purpose” del lavoro, “Work” appunto.

Lo scopo per il quale le persone comunicano, valutano, decidono e intraprendono azioni resta – ieri, oggi e domani – la priorità in ogni organizzazione. Il Digital Workplace, quindi, deve consentire di potenziare l’efficacia delle persone nel perseguire questo scopo.

Dalle definizioni e modelli di Digital Workplace che abbiamo visto precedentemente, il focus resta sulla ricerca di tecnologie che consentono di replicare le strutture organizzative, i processi e le attività.

Tuttavia, a mio avviso è opportuno considerare che oggi viviamo in una economia della conoscenza e chi collabora e partecipa a realizzare lo scopo dell’organizzazione sono i cosiddetti Knowledge Worker. Ossia coloro che hanno come primo strumento la conoscenza, e attraverso questa esercitano discrezionalità nel proprio contesto per realizzare gli obiettivi di lavoro, “Work” appunto. Nell’economia della conoscenza, i Knowledge Worker potenzialmente possono disporre di tutte le risorse e strumenti per portare a termine l’attività. Disporre di informazioni e conoscenze consente ai Knowledge Worker di valutare e prendere decisioni per affrontare la specificità e complessità di ogni situazione al fine di conseguire il risultato atteso.

E’ proprio questa discrezionalità l’asset più importante delle Aziende oggi, che ha sostituito altri asset, in primis la forza lavoro. I Knowledge Worker devono quindi essere abilitati e supportati con opportuni strumenti per potenziare la propria efficacia e la propria capacità di fare la differenza in situazioni complesse che si susseguono sempre più veloci. Il Digital Workplace può essere progettato mantenendo il focus sul valore d’uso di informazioni e conoscenze da misurare in relazione alla specificità dell’attività del Knowledge Worker.

L’attività dei Knowledge Worker è, infatti, caratterizzata da un alto grado di necessità di accesso alle informazioni e conoscenze, su cui agiscono e trasformazione in altre informazioni/conoscenze e/o azioni.

Le diverse tipologie di informazioni/conoscenze di cui hanno bisogno si distribuiscono su un continuum tra i due poli:

  • Stock: informazioni/conoscenze strutturate e conservate/archiviate secondo criteri definiti a priori per un uso nel tempo; spesso sono relative a contenuti professionali o know how specifico di ambiti professionali o aree di attività;
  • Flow: informazioni/conoscenze non strutturate che non sono conservate o archiviate, ma si rendono disponibili nel flusso di lavoro o nell’ambito di rapporti professionali interni ed esterni all’organizzazione; si tratta di informazioni/conoscenze necessarie al coordinamento e avanzamento dei progetti e/o al funzionamento dei processi.

A questa categorizzazione, aggiungo un ulteriore continuum da porre ortogonalmente per rappresentare le diverse tipologie di utilizzo dell’informazione/conoscenze da parte dei Knowledge Worker:

  • Developing: è il Knowledge Worker chiamato a strutturare, integrare e sviluppare un dataset di informazioni/conoscenze; ad esempio, l’ulteriore elaborazione di documenti o modelli/pratiche per creare nuova conoscenza e nuove informazioni all’interno di processi, progetti o attività complesse;
  • Processing: l’azione del Knowledge Worker di “consumare” e utilizzare l’informazione/conoscenza per un’azione puntuale e specifica; per esempio, le informazioni per il planning delle attività o documenti/istruzioni operative specifiche per progetti e attività.
Valore d'uso delle Informazioni/Conoscenze
Digital Workplace – Valore d’uso delle Informazioni/Conoscenze

Web vs Device

Un ulteriore fattore da considerare nella progettazione del Digital Workplace è il contesto nel quale lavoro il Knowledge Worker. E’ immediato capire come possono essere diversificate le necessità d’uso delle informazioni/conoscenze di gruppi di progetto rispetto a chi opera in un’azienda retail, o ancora per chi opera in consulenza rispetto a chi è nelle vendite.

Digital Workplace - Device per il Knowledge Worker
Digital Workplace – Device per il Knowledge Worker

In queste situazioni, inoltre, il Knowledge Worker utilizzerà device molto diversi. Questo è un fattore molto importante da considerare, non solo per garantire che il Digital Workplace sia responsive su ogni device, ma soprattutto per indirizzare scelte progettuali rispetto al flusso di informazioni/conoscenze e diversi “screen” verso cui indirizzarle. Queste scelte possono determinare la facilità, o meglio, la naturalezza con la quale il Knowledge Worker potrà accedere e maneggiare informazioni/conoscenze e agire nel realizzare il proprio lavoro, “work” appunto.

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.